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![]() " UNA CASA MISTERIOSA" |
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Michele è un bambino. Vive in un piccolo paese, uno di quelli che non stanno sulle carte geografiche importanti. Su Internet lo puoi trovare ma solo se sai scrivere esattamente il suo nome. Ogni giorno, quando torna da scuola, Michele percorre a piedi una stradina. Al mattino lo accompagnano in auto per le vie principali, perché c’è poco tempo, ma al pomeriggio lo va a prendere la nonna. Lei non ha fretta. Così possono camminare piano e Michele può guardarsi intorno. Gli piace quella viuzza, pochi la conoscono, infatti di lì passa solo qualcuno, ogni tanto. Le case sono diverse da tutte le altre: non sono palazzi o condomini, non sono villette a schiera e neanche case moderne, sono antiche ma conservate molto bene. Quando si entra nella stradina sembra di essere nel tempo lontano in cui furono costruite. Anche la nonna non era ancora nata a quell’epoca. Una di quelle case (Michele se n’è accorto) ha le finestre con le imposte sempre chiuse. Sono belle, di legno verniciato, quasi nuove. Il portoncino è sormontato da un vetro smerigliato, di color giallo-sole. Ma nessuno entra mai dal cancelletto di ferro lavorato, nessuno sale i tre gradini in pietra, nessuno apre porta e finestre, il giardino è incolto, senza fiori, vuoto. - Ma chi vive in quella casa?- chiede a volte Michele alla nonna. Lei cambia discorso e non gli risponde mai. Un freddo pomeriggio di febbraio però, quando Michele è molto triste perché pensa alla sua mamma che non c’è più, la nonna accontenta la sua curiosità. Lo abbraccia, lo tiene stretto e gli sussurra: - Quella è la casa delle fate! - Le fate?! – esclama Michele – ma non esistono! -Poverette! – continua la nonna a bassa voce - Oggi nessuno pensa a loro. Nessun bambino le cerca, tutti preferiscono guardare la TV o giocare al computer. Per questo le fate tengono la casa sempre chiusa: nessuno va da loro e loro non vogliono disturbare, così non escono più. Il bambino e la donna guardano in su, sopra la porta, verso il terrazzino del primo piano. Abbassano lo sguardo: un gatto è apparso davanti ai gradini dell’ingresso. Il suo pelo è marroncino, un po’ tigrato da strisce scure. Ha grandi occhi di un indefinibile color verde-grigio che fissano Michele. Il bambino gli dice “ciao” . Il gatto fa qualche passo, poi con un balzo fulmineo salta sull’inferriata del cancello, infine atterra senza far rumore, con le sue zampine vellutate, vicino ai piedi di Michele. Lui lo accarezza. - Com’è morbido, nonna! Ma di chi è? Forse delle fate…- La nonna sorride. Il gatto miagola. Con movimenti felpati se ne va. L’indomani il gatto è ancora lì, ad aspettare Michele. E il giorno dopo ancora, e così via, per tanto tempo: il bambino guarda il gatto, guarda la casa e pensa alle fate. Passano i giorni, le prime gemme spuntano sugli alberi, Michele vede due statue di pietra bianca in un angolo del giardino. Portano dei cesti sulle braccia. Rappresentano donne con un vestito lungo, drappeggiato sul dorso. I capelli trattenuti da un nastro ricadono sulle spalle; i visi sembrano sorridere. -Sono le fate! - esclama Michele. -Sono le fate di sicuro! - esulta il bambino. - Sono loro! – grida. - Zitto, zitto, non farti sentire –sussurra la nonna - domani chiederemo ai vicini. Però l’indomani le statue non ci sono più. Michele fa il broncio, è deluso, arrabbiato, triste. Arriva il gatto: al collo ha un nastrino rosso con un biglietto arrotolato. Il bambino lo prende e legge: “Le porte sono aperte: entrate”. Il cancello si spalanca con una leggera pressione. Michele e la nonna sono impauriti ma anche curiosi. Salgono i gradini. Il bambino gira la maniglia dorata del portoncino e spinge. Dentro è tutto buio. Ma una luce si accende, un’altra, poi un’altra …tanti lampadari di cristallo brillano come stelle. Dal fondo del corridoio avanzano due figure luminose. Il bambino le riconosce: sono le statue del giardino. Adesso sono donne vive, non più di pietra ma in carne ed ossa. Camminano e sorridono. Arrivano vicino a Michele e alla nonna. - Grazie – gli dicono – tu hai creduto nella nostra esistenza. Solo la fiducia di un bambino poteva riportarci alla nostra vita passata. I tuoi pensieri sono arrivati fino a noi e adesso possiamo essere di nuovo delle fate e fare delle magie. Guarda!- La fata col vestito giallo schiocca le dita. Appare una tavola con dolci e bibite. Michele e la nonna si siedono, assaggiano di tutto. - E ora venite con me – dice la fata col vestito rosa. Escono in giardino e quasi non lo riconoscono: aiuole fiorite splendono di tutti i colori dell’arcobaleno, c’è una fontanella e l’acqua forma un laghetto dove nuotano pesci rossi. Nel praticello si vedono altalene e scivoli. Gatti e cagnolini corrono qua e là. Un anziano giardiniere con un grembiule marroncino zappetta le aiuole. Michele vede i suoi occhi color verde-grigio, lo riconosce: era il gatto! Si è trasformato in un simpatico vecchietto. Michele è felicissimo. Da allora le persone che passano di lì vedono una casetta allegra, con tendine ricamate alle finestre. Nel giardino tanti bambini giocano e ascoltano le storielle divertenti del giardiniere: sono gli amici di Michele. Forse anche loro crederanno alle fate, per ora può vederle solo lui, che ha pensato così tanto a loro. (racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2010) |